Lo so, il titolo è melenso e scontato, sopportatelo. Anche la foto, sopportate pure quella.

Una delle domande che spesso viene rivolta a un autore è: per chi scrivi?

È credo evidente come questa sottenda a una dicotomia: si può scrivere per se stessi o per gli altri.

Io la penso diversamente, tanto per cambiare, e non credo che si possa scrivere solo per gli altri.

Non scrivere per se stessi è del tutto impossibile. Ci potete anche provare, potreste sforzarvi e mantenere un controllo assoluto su quello che fate, ma volenti o nolenti quel testo lo scriverete soprattutto per voi. Non ci sono santi: se anche sarete convinti di aver scritto qualcosa di commerciale, del tutto fuori dalle vostre corde, per pura necessità materiale, alla fine lo avrete fatto prima di tutto per voi.

Non solo. In quel testo voi ci sarete. Voi e nessun altro. Perché anche quando disegnerete un personaggio con intenzione per farne la rappresentazione di qualcun altro, quella sarà la vostra interpretazione di quella persona. La vostra, non un’altra. E dunque in qualche modo in quel personaggio voi ci sarete.

Non si può scrivere solo per gli altri, lo farete sempre soprattutto per voi.

Purtroppo però, si può scrivere solo per se stessi. Non che ognuno di noi non abbia il desiderio di farsi leggere, intendiamoci, quello è sempre presente, ma cos’è in realtà questo impulso se non un bisogno personale, concreto, tutto nostro? Non basta dunque volersi far leggere per poter dire di aver scritto (anche) per gli altri.

Forse non basta nemmeno aver scritto qualcosa di commerciale, dedicato a una certa categoria di lettori, che ne segua i gusti e le aspettative. No, non credo che basti neanche questo.

Sapete quando potrete dire di aver scritto per qualcun altro? Quando troverete qualcuno a cui leggere le vostre storie abbia dato qualcosa: un’emozione, un’idea, lo stimolo per una riflessione o un’azione. Se lo avete fatto ridere, o piangere, se l’avete commosso o fatto pensare. Se lo avete sconvolto, fatto arrabbiare, persino se lo avete disgustato e spaventato.

Ma la chiave è il cambiamento. Avete scritto per lui se nel lettore qualcosa è cambiato tra il prima e il dopo aver letto il vostro libro. Anche per un istante, anche un minimo cambiamento.

E sono convinto che non sia solo questione di tecnica, di capacità nello scrivere e trasmettere quello che si vuole. Certo questo è necessario, ma non basta. Bisogno avere qualcosa di vero da dire, qualcosa che non sia artificiale.

Potrà essere sdolcinato e banale, ma davvero, dovrete aprire il cuore e scrivere con amore. L’ho già detto, quando si scrive sul foglio finiamo noi, noi che scriviamo, le nostre paure, emozioni, gli ideali, le aspirazioni. I dolori e le gioie, ogni cosa di noi in qualche modo contribuisce al risultato. Possiamo lottare per evitarlo, cercare di non far trasparire quello che siamo, mantenerci fuori il più possibile, per non correre rischi. Oppure ci possiamo sporcare le mani e lasciare che la nostra anima viva tra le pagine, nuda, senza maschere e difese.

Scrivete con amore, non abbiate paura di rivelarvi, di sbagliare. Usate la tecnica, certo, ma usate anche il cuore.

Solo allora potrete dire di non aver scritto solo per voi.