Sentivo ieri una notizia, non l’ho neanche approfondita, ma mi ha fatto pensare. Probabilmente l’avrete sentita anche voi, una donna chiedeva allo Stato un risarcimento per una violenza subita, essendo l’autore della stessa indigente. La legge infatti prevede che in questo caso sia lo stato a risarcire la vittima. Non entro nei dettagli tecnico legali, sta di fatto che il risarcimento è stato negato perché la donna non avrebbe dimostrato l’effettiva indigenza del colpevole, dunque è da lui che dovrebbe ricevere il denaro.
Sono convinto che dovremmo fare di tutto perché certe situazioni non si propongano mai. Quando sfortunatamente accadono lo Stato, che ricordo siamo noi, dovrebbe fare il massimo dello sforzo necessario per ridurre il danno subito. Danno che non è mai limitato al fatto accaduto, ma include tutte le sue conseguenze, i disagi, gli impatti, gli strascichi. Il processo è di certo parte dei danni collaterali. A volte il legislatore procede in maniera coerente a questa necessità, ma troppo spesso perde di vista il fine ultimo: la minimizzazione del danno verso la vittima.
Buona la legge che prevede una compensazione da parte dello Stato quando chi ha compiuto l’atto di violenza non è in grado di risarcire; sbagliato il meccanismo con cui questo viene implementato. Non dovremmo mai vedere lo Stato in giudizio contro una vittima. La sua forza dovrebbe essere riservata e dedicata a perseguire e gestire i colpevoli, non gli innocenti. Come si potrebbe fare allora?
Si potrebbe per esempio modificare la legge per fare sì che in prima battuta sia sempre lo Stato a risarcire la vittima, in tempi certi, senza attriti. Sarebbe poi cura della funzione pubblica rivalersi sul colpevole, con tutta la forza di cui è capace. Immaginate quanto possa essere più efficiente ed efficace lo Stato nell’individuare le fonti di reddito e la consistenza patrimoniale dello stupratore rispetto a quello che potrebbe fare la vittima. Quando sarebbe ridotto l’impatto sulla sua vita, senza il processo di risarcimento a ricordarle per anni quanto le è accaduto?
La forza dello Stato non risiede infatti solo nella sua potenza, ma dipende dal modo in cui la utilizza. In questo caso spostando il mirino dalla vittima al colpevole facciamo un’operazione sana, intelligente, che trasforma davvero lo Stato in un amico per il buon cittadino.
Ecco, non serve indignarsi per una sentenza che magari tecnicamente e legalmente è anche corretta. Vanno cambiate le leggi che mettono il cittadino innocente contro lo Stato, ribaltando le modalità di procedere, evitando che questo diventi possibile, impiegando la forza dello Stato contro i colpevoli, se necessario.
Altre volte lo Stato deve impiegare la sua forza per assicurare che le leggi vengano rispettate, pensate alle tasse per esempio. Anche in questo caso, durante gli accertamenti, accade spesso di trovarsi trattati come fossimo dei delinquenti e può capitare di essere puniti duramente per una semplice dimenticanza, per un errore in buona fede, subendo misure pensati a fronte di mancanze minuscole.
Ci sono trattamenti asimmetrici: chiedo tanti interessi e punisco con multe e sovrattasse un ritardo di pagamento e quando sono io Stato a non pagare minimizzo le penali.
Prima di promulgare una legge bisognerebbe che i nostri politici ci ragionassero un attimo su queste cose, si ponessero questa domanda: sto utilizzando bene la forza dello Stato? La sto rivolgendo verso le vittime o verso i colpevoli? Sto impiegando la quantità giusta di forza verso il cittadino o sto esagerando? Il rapporto è simmetrico o pretendo da loro quello che io non garantisco?
Tutto qui. Forse non risolveremmo tutti i problemi ma di certo alcune cose potrebbero migliorare. Perché se non riusciamo a rendere lo Stato un amico del cittadino, questo paese non potrà farcela, non ce la farà. E noi con lui.
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