Mi innamoravo di tutto – Storia di un dissidente
Stefano Zorba

Questo è un libro con caratteristiche particolari. La prima e più evidente sta nel modo in cui è stato pubblicato, un approccio simile a quello seguito da me con il Sad Dog Project, un libro indie dunque e forse anche le motivazioni di questa scelta non sono troppo diverse dalle mie.

La seconda particolarità sta nella storia, delineata tra realtà e fantasia in maniera piuttosto difficile da districare. Quasi un romanzo di formazione, che segue la vita di un ragazzo nella sua trasformazione in uomo e nel suo essere ribelle.

Come accennavo, si fa fatica a capire dove finisca la realtà e dove inizi la fantasia, diventa per questo un po’ meno semplice applicare la sospensione dell’incredulità, non tanto perché il romanzo non sia scritto bene, tutt’altro, la scrittura è asciutta e incalzante e la storia tiene il lettore vincolato fino alla fine. Piuttosto il tema è talmente scottante che viene spontaneo farsi domande, non tanto per la parte della storia che gira intorno al sequestro e alla tortura del ragazzo, dove personalmente tendo a sperare che tutto ciò oggi non possa accadere davvero, quanto nella parte dove questa si intreccia con la realtà della TAV. Viene voglia insomma di avere maggiori informazioni sugli aspetti reali collegati alla storia: la resistenza alla TAV, che conosciamo appena e solo per tramite dei mezzi di informazione.

Se nel mio Baby Boomers la ribellione si concretizza solo apparentemente sul piano fisico, ma poi sfocia in un’azione molto concettuale, più sul piano delle idee, qui tutto è molto più concreto, la lotta è vera e propria guerriglia e l’epilogo è anche in questo caso utopistico, ma assai meno concettuale e più concreto. Una cosa ci accomuna, la convinzione che qualsiasi sia il modo in cui si sceglie di lottare, sia necessaria una grande maggioranza della gente, della popolazione, magari locale, per ottenere un qualsiasi cambiamento in un paese ormai così intriso di corruzione e marciume.

Mi è venuto da pensare durante questa lettura all’India e alle lotte per l’indipendenza, con i due motori differenti in azione, da una parte Gandhi e la sua via concettuale, pacifica, delle idee, e dall’altra Nehry, molto più pratico, a portare avanti una vera e propria guerriglia nel paese. Forse la verità è che in situazioni estreme sono necessarie entrambe le modalità, idee e braccio.

Un libro comunque piacevole da leggere, veloce nel ritmo, e che stimola molte riflessioni.