Quel giorno ero in ufficio, come di norma.

Le notizie ci arrivarono attraverso internet. All’inizio per qualche minuto abbiamo pensato che fosse un tragico scherzo. Non sembrava una cosa vera… era troppo.

Poi un susseguirsi di avvenimenti. Il secondo aereo, il terzo…

Ricordo con chiarezza un pensiero che mi attraversò la mente nell’istante in cui ho capito che non era per niente uno scherzo, che era tutto vero…

Ho pensato che gli Stati Uniti non erano più un castello, un’isola, una fortezza lontana. Il ponte era stato abbattuto, le porte sfondate, gli oceani superati. Gli americani erano poveri cristi come noi, in balia della tempesta.

Se vi prendete la pena di guardare un pò di telefilm e film di produzione americana noterete come le cose cattive avvengano quasi sempre altrove. In Armageddon un meteorite distrugge Parigi, mica New York… Se escludiamo la guerra di secessione e qualche scaramuccia di confine non ci sono state guerre guerreggiate sul territorio americano. Per un americano era (ed è) inconcepibile pensare ad una loro città bombardata, distrutta, razziata…

Per decenni la frase “sono cittadino americano” ha risolto fin troppi problemi. Ricordo un’americana che all’ufficio immigrazione qui in Italia pretendeva di non essere extra-comunitaria.

La grande potenza economica e militare americana ha consentito ai cittadini di questo paese di godere di privilegi economici e politici che non hanno eguali. La sensazione di essere intoccabili, al di sopra delle leggi internazionali, e sempre dalla parte della ragione (Dio è con noi), è un sentimento assai diffuso in quel popolo. Se non ci credete fate due chiacchiere sul tema con un amico o parente statunitense, è un’esperienza istruttiva.

Per un attimo, mentre il grattacielo bruciava ancora in piedi, ho pensato che questo isolamento sarebbe stato inevitabilmente rotto, che quel popolo avrebbe capito di essere nella stessa nostra barca, come noi vulnerabili. Non è che fossi contento di quello che vedevo, ma pensavo che niente sarebbe potuto più essere uguale.

E’ passato molto tempo e temo invece che non sia cambiato molto. L’isola americana invece di aprirsi, di accettare la realtà, di iniziare un dialogo con il mondo, scendendo dal loro piedistallo di cristallo, si è ulteriormente isolata, spingendosi in guerre più o meno inutili…

Così credo che mai come ora gli Stati Uniti siano una bomba pronta ad esplodere. La cultura del “tenore di vita americano“, dello “stile di vita americano” è più forte che mai. L’idea che tutto sia permesso in nome ed in difesa di questi principi è fortemente diffusa e condivisa in tutti gli strati sociali. La politica estera continua ad essere aggressiva, imperialista, arrogante e prepotente.

La soluzione preferita dal management USA continua ad essere quella militare. Non ho dati a portata di mano, ma non credo di sbagliare se dico che probabilmente le spese militari americane non sono mai state così alte. In nome della sicurezza nazionale sono stati buttati alle ortiche principi etici che erano alla base della democrazia americana, probabilmente questo è la ferita più grande creata da quegli aerei.

Oggi gli Stati Uniti sono più deboli, più corrotti, più isolati, e mediamente più odiati nel mondo di quanto non fossero allora… Bush ed il suo staff hanno grandi responsabilità in questo. Potevano (dovevano) guidare il loro popolo verso il mondo, li hanno invece chiusi in una fortezza (apparentemente) inespugnabile, nell’illusione della loro forza.

Undici nove, un’inutile massacro, solo uno dei tanti…..